Ho scritto queste righe un paio di mesi fa. Erano rimaste lì, in sospeso e oggi ho recuperato le immagini. Ecco i miei pensieri di tarda primavera su Torino..

Credo che ogni luogo abbia una sua anima ed una propria modalità di accogliere le persone. Ho, da sempre, questa sensazione e, a seconda dei luoghi che ho visitato o in cui ho vissuto, ho provato attrazione, repulsione o indifferenza; mi sono sentita accolta, oppure respinta, ho respirato emozioni di gioia prevalente, di tristezza, di confusione o di chiarezza.
Mi piace la natura e la mia vita ‘ideale’ sarebbe in un luogo completamente immerso nel verde, eppure… subisco il fascino – irresistibile – di alcune grandi città.
Torino è una di queste.
Torino è stata la mia casa per un lungo ed importante periodo della mia vita e lì ho vissuto momenti intensi ed emozionanti . É stato il mio rifugio, quando ne avevo necessità e mi ha accolta e protetta.
È stato il luogo dove ho potuto sedimentare, guarire dalle ferite e ricominciare.
Ma Torino non è solo questo per me: è una città sabauda, essenziale ed ordinata che rassicura e al tempo stesso respira attraverso i suoi larghi viali, con i suoi corsi infiniti e le ampie piazze su cui si affacciano case dalle facciate austere e raffinate che sembrano raccontare la storia che hanno visto ed ospitato. Torino è la città delle regge e dei parchi reali ed è la città dei quartieroni costruiti intorno alla Fiat dello scorso millennio, che ha poi abbandonato la stessa città che le aveva dato tanto, fino a deturparsi.

É la città delle Università, della cultura non troppo gridata, degli spettacoli al Regio e di quelli improvvisati per strada. Del quartiere Crocetta e di Falchera.
È la città delle signore che scendono dai loro appartamenti truccate e vestite di seta (ma non troppo vistosa) per fare la spesa dal droghiere e dei senza tetto che dormono lì vicino, su cartoni protetti dall’infinita rete di portici del centro.
È la sede del Toro e della Juve che incarnano due anime opposte della città e della vita. È la città che ha data i natali a tanti ‘torinesi’ per cui la “noblesse” è un obbligo di vita, ed è la stessa città che ha accolto cinquanta, sessant’anni fa immigrati dal sud dell’Italia ed oggi, dal sud – e dall’est, dal nord e dall’ovest- del mondo (perché Torino, si sa, per i torinesi è il centro del mondo).

Passeggiando per strada, si sentono parlare un’infinità di lingue diverse, incluso, seppur di rado, il torinese, che con la sua cadenza strascicata ed inconfondibile tanto irrita noi, figli di un dio minore, che abbiamo avuto i nostri natali nel Piemonte Orientale.
E poi basta, perché per Torino, più di così sarebbe già troppo!
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